SCORDATO
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Orlando accorda pianoforti. Un giorno incontra Olga, fisioterapista appassionata di canto che gli chiede di vedere una sua foto da giovane per poter risolvere la sua contrattura “emotiva”. Il risultato sarà un viaggio nel passato, carico di ferite e rapporti rimasti sospesi.
Un sessantenne non accordato con il contesto in cui vive, dolente, anestetizzato dalle canne, poco entusiasta del presente. È l’accordatore di pianoforti Orlando nel nuovo film diretto e interpretato da Rocco Papaleo.
Sempre più radicale nel racconto di esistenze sospese sull’orlo della malinconia, mette in scena questa volta il viaggio tutto emotivo che compie un uomo quando, un giorno per caso – come si conviene al cinema – incontra una donna che gli cambierà la vita. Non in senso romantico, ma emotivo: Olga è una fisioterapista che ama accordare le persone e mira a far riaffiorare in Orlando quella passione di giovinezza che ha perduto in senso non solo anagrafico. Non c’è più alcuna traccia di passione, in Orlando. È diventato il fantasma di quello che era. Per “riaccordarsi” dovrà tornare nel paese natale (Lauria) e riaffrontare spettri del passato da cui era scappato decenni prima.
Pensato in un momento esistenziale particolare, quello di isolamento dovuto alla pandemia e della conseguente autoanalisi, il film non è solo la storia di un sessantenne a disagio che fatica a riconnettersi con la realtà. È anche, come ha sottolineato Papaleo, un’opera sulla necessità di perdonare e perdonarsi, superando ogni rancore e frustrazione. Intimista, maturo, meno ironico e ancora più malinconico dei suoi film precedenti, sempre fortemente ancorato alla Basilicata, racconta legami familiari capaci di rimanere impressi, anche per il loro progressivo sfilacciarsi, come spesso accade nella vita.
Angela Curri è convincente nei panni della sorella del protagonista, studentessa appassionata di ideologie politiche e comunismo che finisce per abbracciare la lotta armata. Papaleo la dirige con evidente affetto, regalandole un ruolo di spessore: è lei il vero perno attorno a cui ruota il protagonista, in una girandola di sensi di colpa, mancanze e nostalgia. E con lui il suo “doppio”, ovvero lui stesso da giovane. Lo interpreta un bravissimo Simone Corbisiero, che fa un notevole lavoro sulla specularità senza mai scadere nell’imitazione o nel fastidioso effetto “grillo parlante”.