SANTIAGO, ITALIA
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Il cinema di Nanni Moretti procura sempre un trasalimento, legato alla presenza ricorrente dell’autore nella sua opera. Che il film si richiami oppure no alla sua esperienza personale, lo spettatore oscilla tra finzione del personaggio e intimità della persona. Dal suo primo cortometraggio, La sconfitta, Moretti ha nutrito questa ambiguità e rilanciato le incarnazioni: Michele Apicella, alter ego collerico intorno a cui forgia il suo cinema fino a Palombella rossa, se stesso nei suoi sorprendenti diari intimi (Caro diario, Aprile), personaggio a pieno titolo nelle fiction della maturità (Caos calmo), “a fianco” del suo personaggio nel lutto morale e intimo di Mia madre. Questa evoluzione identitaria ha prodotto una filmografia che è diventata coscienza artistica e politica dell’Italia.
Realizzato a partire da immagini d’archivio e da testimonianze, Santiago, Italia racconta i mesi che seguirono il golpe del dittatore che mise fine al sogno democratico di Salvador Allende. Il film mette l’accento sul ruolo encomiabile dell’ambasciata italiana basata a Santiago, che diede rifugio a centinaia di oppositori del regime, permettendogli di raggiungere l’Italia.
Lezione di storia narrata da chi ha vissuto la caduta e la morte di Allende, presidente apertamente marxista e democraticamente eletto nel 1970, Santiago, Italia conferma l’eterno investimento personale del suo regista ma sposta la prospettiva in ‘prima persona’, singolare e libera, alla ‘seconda persona’. Persona-testimone capace di portare la novità nel mondo, di cui comprende e narra (quindi ricorda) le gesta. Documentario “partecipato” certo, Moretti interviene durante le testimonianze, le interroga, dona la replica, polemizza, registrando una lunga deposizione corale: la confidenza pubblica di una condizione intima. Lo slittamento di piani tuttavia gli consente di considerare i danni dal punto di vista delle vittime. È un cambiamento che modica e rinforza la nostra idea su ciò che è un danno. Impossibile assistere ai conflitti e alle guerre senza chiederci chi li subisce, chi li patisce. Impossibile staccarsi dalla pena altrui.