REMI
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Il piccolo Remi vive in campagna insieme alla madre, la signora Barberin, mentre il padre Gerolamo lavora lontano come tagliapietre. Quando Gerolamo si ferisce in un incidente la madre si trova costretta a vendere il loro unico bene, una mucca di nome Rosetta che è anche la migliore amica di Remi, cui il bambino canta una ninna nanna che gli è rimasta nel cuore. È allora che Gerolamo rivela a Remi di non essere il suo vero padre ma di averlo trovato a Parigi, dove era stato abbandonato, e gli comunica che intende portarlo all’orfanotrofio, dato che non può più provvedere a lui.
Da quel momento Vitali insegnerà al bambino a leggere e scrivere, e soprattutto a cantare in pubblico, unendo tecnica e cuore.
Basato sul classico della letteratura per ragazzi “Senza famiglia” di Hector Malot, questo Remi, diretto da Antoine Blossier, si prende molte libertà narrative, ma conserva intatto lo spirito del romanzo di formazione che, a fine Ottocento, raccontava la ricerca di identità del piccolo protagonista come una serie di false piste e mentite spoglie. Nessuno infatti è quello che sembra: non i genitori adottivi, non Vitali, né i numerosi imbroglioni che Remi incontrerà lungo la strada. Del resto è la stessa identità di Remi ad essere un mistero, che verrà risolto solo dopo numerose prove, con l’aiuto di alleati e l’intralcio di nemici occasionali. Soprattutto Remi dovrà sopravvivere ripetutamente all’abbandono.
In questo sesto adattamento cinematografico – senza contare le versioni televisive, compresa la serie anime giapponese che ha reso celebre la canzone interpretata da Cristina D’Avena – Blossier sceglie una messa in scena classica e un duo di interpreti convincente: nei panni del piccolo Remi c’è il tenero esordiente Maleaume Paquin, mentre in quelli di Vitali c’è il veterano Daniel Auteil, la cui grande prova d’attore regge sulle proprie spalle tutto il film, diventandone il centro emotivo.