Il diritto di contare

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Il diritto di contare
Una parabola di emancipazione femminile che sfoglia una pagina sconosciuta della NASA
Il diritto di contare
(Hidden Figures)
Regia: Theodore Melfi
Cast: 20th Century Fox
Genere: Drammatico
Durata: 127 min. - colore
Produzione: USA (2017)
Distribuzione:

Nella Virginia segregazionista degli anni Sessanta, la legge non permette ai neri di vivere insieme ai bianchi. Uffici, toilette, mense, sale d’attesa, bus sono rigorosamente separati. Da una parte ci sono i bianchi, dall’altra ci sono i neri. La NASA, a Langley, non fa eccezione. I neri hanno i loro bagni, relegati in un’aerea dell’edificio lontano da tutto, bevono il loro caffè, sono considerati una forza lavoro flessibile di cui disporre a piacimento e sono disprezzati più o meno sottilmente. Reclutate dalla prestigiosa istituzione, Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson sono la brillante variabile che permette alla NASA di inviare un uomo in orbita e poi sulla Luna. Matematica, supervisore (senza esserlo ufficialmente) di un team di ‘calcolatrici’ afroamericane e aspirante ingegnere, si battono contro le discriminazioni (sono donne e sono nere), imponendosi poco a poco sull’arroganza di colleghi e superiori. Confinate nell’ala ovest dell’edificio, finiscono per abbattere le barriere razziali con grazia e competenza.
La qualità più grande del film di Theodore Melfi è quella di sfogliare una pagina sconosciuta della NASA. Pagina ‘bianca’ coniugata fino ad oggi al maschile. Se la storia, il contributo delle scienziate afroamericane alla conquista dello spazio, è una novità, la maniera di raccontarla è convenzionale ma non per questo meno appassionante.
Il diritto di contare mette in scena efficacemente il razzismo e il sessismo ordinario dei bianchi, concentrandosi sui drammi silenziosi che muovono la Storia in avanti. Suscettibile di incontrare il favore di un largo pubblico, Melfi sa bene quando spingere l’emotività dislocando lo sguardo sul romance di Katherine e James, Il diritto di contare segue la storia dell’esplorazione spaziale americana attraverso lo sguardo di tre eroine intelligenti e ostinate che hanno cambiato alla loro maniera il mondo. Hanno doppiato la ‘linea del colore’, inviato John Glenn in orbita e Neil Armstrong sulla Luna.

A dispetto delle promozioni costantemente negate e all’ombra della supremazia bianca, le ambizioni delle protagoniste trovano respiro e futuro negli Stati Uniti in piena corsa alle stelle contro i russi, in vantaggio con lo Sputnik 1, primo satellite artificiale lanciato in orbita intorno alla Terra. In un’epoca in cui l’IBM è ancora ai primi vagiti, i calcoli necessari all’esplorazione spaziale sono eseguiti manualmente dalle ‘colored computers’, un team di donne nere che ‘contando’ aiutano i loro colleghi uomini a scrivere la Storia. Reclutate a buon mercato dalla NASA per volare più forte e più in alto, restano a terra e isolate. Lavoratrici indefesse e visionarie, da cui emerge il prodigio matematico di Katherine Johnson, le protagoniste di Melfi devono provare due volte la propria competenza, messa in discussione dal genere e dal colore della pelle.

Il diritto di contare è una parabola di emancipazione femminile a cui si aggiunge la lotta quotidiana per la riconoscenza dei diritti civili degli afroamericani. Simbolo di questa discriminazione è la toilette. Katherine, promossa a un gruppo di ricerca diretto da Al Harrison (Kevin Costner), deve percorre un chilometro per raggiungere i soli bagni riservati alle donne ‘di colore’. Poi qualcosa di straordinario accade negli Stati Uniti che hanno deciso di andare sulla Luna. Le persone cominciano a essere apprezzate in funzione delle loro abilità. Le conoscenze e le attitudini diventano in quegli anni cruciali fattori di uguaglianza e di ‘integrazione’.
Il film di Melfi non condanna esplicitamente il razzismo e si accontenta di esporre le ingiustizie e le aberrazioni con le quali si confrontano ogni giorno le persone ‘colored’. Permette qualche volta di sorridere delle assurde disuguaglianze, accompagnando Katherine al bagno corrispondente alla sua condizione sociale, Dorothy in una biblioteca riservata ai soli bianchi per prendere ‘in prestito’ un libro imprescindibile e Mary davanti a un giudice di cui sollecita l’ego per frequentare un corso di ingegneria interdetto ai neri.

Taraji P. Henson, Octavia Spencer e Janelle Monáe sono le abbaglianti e determinate pioniere del programma spaziale della NASA che finiscono per imporsi in un ambiente maschile e maschilista. Ad amarle ci pensa il John Glenn di Glen Powell, astronauta charmant e democratico naturale con poco tempo per le gerarchie razziali. A guidarle, sulla luna e in terra, c’è il ‘capo gruppo’ Al Harrison di Kevin Costner, per cui la missione come il genio non ha colore. Impeccabile nel ruolo del good man e dietro un paio di Clubmaster (gli stessi che indossa in JFK – Un caso ancora aperto), Costner pratica l’understatement masticando la gomma e riducendo la gravità del dramma. È il suo personaggio a servire lo stand up di Katherine Johnson contro la discriminazione e l’ingiustizia tenace. Al suo fianco, in piedi contro il mondo e forte del potere delle cifre, Katherine trova l’equazione per toccare la luna con un dito. Niente calcolo differenziale o integrale invece per il dramma biografico di Theodore Melfi. Ma un’addizione di buoni sentimenti e una moltiplicazione di talenti raggiungono apprezzabilmente il risultato.