I Miserabili
Montfermeil, periferia di Parigi. L’agente Ruiz, appena trasferitosi in loco, prende servizio nella squadra mobile di polizia, nella pattuglia dei colleghi Chris e Gwada. Gli bastano poche ore per fare esperienza di un quartiere brulicante di tensioni tra le gang locali e tra gang e forze dell’ordine, per il potere di dettare legge sul territorio. Quello stesso giorno, il furto di un cucciolo di leone dalla gabbia di un circo innesca una caccia all’uomo che accende la miccia e mette tutti contro tutti.
Ispirato alle rivolte di strada di Parigi del 2005 e ad altri fatti realmente accaduti, con I Miserabili il regista Ladj Ly, nato e cresciuto, anche come filmaker, nel sobborgo che racconta, espande l’omonimo cortometraggio in un film di grande impatto, tale da riportare alla mente L’Odio di Kassovitz, rispetto al quale misura anche la crescita frammentata ed esponenziale di certe realtà della banlieue parigina.
I Miserabili, che del grande romanzo popolare di Victor Hugo usa l’ambientazione e una didascalia finale, ma soprattutto incarna le preoccupazioni profonde, non conta un momento di troppo, ma contiene al suo interno tre film ben distinti.
Il primo, il prologo, è un film di finzione, nonostante la realtà delle immagini: la Francia multiculturale unita dal tifo per la nazionale di calcio in una gioiosa sintesi interetnica e interreligiosa. Poi c’è il secondo film: la vita di tutti i giorni, costruito come un teso film di genere, che intreccia la giornata dei tre agenti con quella del “Sindaco” e del suo braccio destro, impegnati a farsi strada come boss del quartiere, con gli affari dei boss locali dello spaccio, dei Fratelli Musulmani e del loro leader, Salah, schedato come pericoloso perché insieme ai kebab dispensa il suo pensiero, e poi con i gitani del circo e con i tanti ragazzini dei palazzoni popolari, come Issa, che ne combina una dietro l’altra, o Buzz, che col suo drone spie le ragazze e ciò che non dovrebbe.
Un film multifocale, nel quale il punto di vista del nuovo arrivato non coincide con quello dei due veterani della pattuglia, e nel quale dialogano senza saperlo lo sguardo orizzontale della polizia, che cerca di farsi strada nel labirinto delle gang, come in un mercato all’aperto, e quello dell’alto del drone, che diviene accidentalmente testimonianza, coscienza sporca, arma.