Coco
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Il cinema d’animazione, lo sappiamo, ha tempi diversi da quello che utlizza attori e ambienti reali e per questo non è raro che un “nuovo” progetto affondi in verità le radici in un tempo non recentissimo. Nel caso di Coco, il film Disney-Pixar che si ispira alla festività messicana del Giorno dei Morti, e che uscirà non a caso nel mese di novembre, si deve guardare indietro di sette anni per individuarne la genesi.
Chiuso il terzo capitolo di Toy Story, infatti, nel 2010, il regista Lee Unkrich (Alla ricerca di Nemo, Monsters&Co.) si mette al lavoro sulla storia del dodicenne Miguel, figlio di calzolai, cui è proibito far musica a causa delle malefatte di un antenato musicista. Quando però, per l’appunto nel Giorno dei Morti, Miguel si ritrova a suonare la chitarra del defunto Ernesto de la Cruz, viene magicamente trasportato nell’aldilà e costretto a risolvere gli antichi e mai sopiti problemi di famiglia. Qui ritroverà anche un grande affetto, la nonna, Mama Coco.
Se leggendo queste poche righe di sinossi la vostra mente è stata visitata dal ricordo dell’ambientazione di “Grim Fandango”, videogioco di culto di qualche decennio fa, o di The Book of Life ( Il libro della vita ), il film diretto da J.R. Gutierrez e prodotto, tra gli altri, da Guillelmo del Toro, non siete gli unici.
Anche in quel caso, Manolo Sanchez, ragazzino con la musica nel sangue ma promesso ad una carriera da matador, intraprendeva un viaggio nella Terra dei Dimenticati, per riportare in vita la sua innamorata in una dinamica apertamente shakespeariana. Il film di Unkrich parte però da un terreno molto diverso, estraneo per origine alla cultura latina, e alle prese per la primissima volta -per quel che riguarda la filmografia Pixar- con un cast interamente sudamericano. Il colosso Disney, inizialmente, non si è mosso con tatto su questo terreno, facendo infuriare molti, specie sui social, con la richiesta di comprare la dicitura “Dia de los Muertos” e farne un marchio commerciale.
Anche in ragione di questo inizio maldestro dei lavori, che ha fatto slittare in avanti la data presunta di realizzazione e distribuzione del film, Unkrich e i suoi collaboratori sono tornati a più riprese in Messico per approfondire il ritratto del personaggio, col risultato che l’iniziale fascinazione per i colori accesi e il clima carnevalesco che caratterizza la festa in oggetto e che “cozza” così perfettamente con il suo contenuto di scheletri e personificazioni della Morte, si è andata arricchendo, a detta degli autori, di suggestioni più profonde e conoscenze sempre più approfondite.