Berlino, estate ’42

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Nel 1942, mentre l’esercito tedesco sta già affrontando le prime capitolazioni, a Berlino una giovane assistente medica Hilde Rake entra in un gruppo di oppositori al nazismo poi conosciuto come l'”Orchestra rossa”. Qui, in un’oasi di pace e felicità idealmente lontana dall’oppressione del regime, Hilde s’innamora di Hans Coppi e lo sposa. Dopo un’estate passata a fare attività clandestina (per lo più volantinaggio e tentativi di inviare lettere alle forze alleate), Hilde viene arrestata dalla Gestapo e interrogata. In carcere darà alla luce un figlio, e sarà giustiziata poco dopo. Cosa resta del suo esempio?
Anni fa in Italia uscì La rosa bianca, un buon film d’impegno civile sulla vita di Sophie Scholl e del suo gruppo di oppositori (a cui anche McEwan ha dedicato pagine splendide nel suo ultimo romanzo “Lezioni”), impegnati soprattutto a diffondere volantini per sensibilizzare la popolazione tedesca durante la guerra. A quella esperienza rimandano inevitabilmente gli eventi storici raccontati in Berlino, estate ’42, che ricostruisce la vita e l’attivismo della coppia di antifascisti Hilde Rake e Hans Coppi, membri della cosiddetta Orchestra rossa. A narrarne la vicenda è il veterano regista Andreas Dresen, nato e cresciuto nella Germania dell’Est, dove le vicende dell’Orchestra rossa erano circondate da un alone quasi mitologico, ma forse proprio in reazione a una simile narrazione capace di utilizzare il suo consueto stile impressionista (con immagini che del passato ricostruiscono soprattutto gli attimi, i dettagli, più che i grandi eventi) e raccontare in tono minore un’esperienza che vale soprattutto per il suo esempio, più che per i risultati raggiunti.
La sceneggiatura di Laila Stieler coglie bene, infatti, il divario fra la passione dei protagonisti (i coniugi Coppi e il loro gruppo) e il successo della loro azioni (di tutti i messaggi che il gruppo rischiò la vita di mandare all’estero, uno solo arrivò a destinazione, a Mosca), così come la paradossale spensieratezza dei membri dell’Orchestra rossa e l’effettivo pericolo criminale che affrontavano.
Nella prima parte del film, a partire dall’interrogatorio di Hilde che ripercorre liberamente il passato della donna, Dresen ricostruisce le azioni dell’Orchestra rossa e immerge il film in atmosfere dai toni idilliaci, quasi come se i personaggi non capissero in quale mondo vivano, tra l’incoscienza e la proiezione nel futuro, o il regista volesse intelligentemente accomunare la gente comune agli uomini di potere in una rappresentazione della realtà tedesca dell’epoca che aggira gli stereotipi sul nazismo e porta dentro un grande romanzo stratificato e ambiguo, in cui l’enormità del male è così pervasiva da farsi invisibile.