THE HOLDOVERS – LEZIONI DI VITA
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Paul Hunham è professore di storia in un college del New England. Rigido ed esigente detesta gli studenti mediocri, figli dei ricchi benefattori che aspettano il diploma senza sforzo. Alla vigilia delle vacanze di Natale è incaricato di vegliare e di sorvegliare i ragazzi che non hanno nessun posto dove andare. Tra loro, in altezza e spirito, spicca Angus Tully, allievo brillante e problematico ‘dimenticato’ dalla madre. Ostinati e diversamente inadeguati al mondo, Paul e Angus sono costretti a socializzare sotto lo sguardo paziente di Mary Lamb, cuoca della scuola che ha perso il suo unico figlio in Vietnam. Ma l’isolamento e il Natale accorceranno le distanze e li costringeranno a ‘rompere le righe’ e a ‘mettersi in riga’.
Vent’anni dopo Sideways, Alexander Payne ritrova Paul Giamatti in un film dolce-amaro, intelligente e caustico quanto basta per eludere il sentimentalismo.
All’incrocio tra L’attimo fuggente e Breakfast Club, The Holdovers non ha niente di originale o sorprendente, sappiamo subito dove siamo ma sotto lo sguardo di Alexander Payne questo racconto di formazione, in bilico tra dramma e commedia, trova tutta la sua singolarità. Girato come un film degli anni Settanta, con quella grana speciale che non sembra mai finta o presa in prestito, è un racconto convenzionale ma inatteso quando parla di dolore e di privilegio, di abbandono e di fallimento, di trasmissione e della famiglia che ci scegliamo contro quella che ci impone la sorte. Paul Giamatti, attore di tutti i ‘secondi piani,’ coltiva l’arte dell’anonimato e rivendica ancora una volta un ruolo che gioca alla perfezione: valorizzare il partner.
Se in Rock of ages, per citarne uno, era Tom Cruise, è a Dominic Sessa che questa volta rende servizio. A immagine del suo personaggio, insegnante di professione, misantropo per natura, Giamatti non fa che ‘passare’ nel film servendo la replica a un giovane attore installato nel suo ruolo. Quasi praticassero discipline diverse, il primo è congelato nelle sue abitudini e dentro un décor innevato, incapace di muovere un passo fuori dalla scuola, il secondo incarna tutta la vita davanti e la smania di andare.
Al suo debutto, trova la complessa alchimia di quel passaggio segreto che ci emancipa dall’infanzia, è un grumo di ingenuità e profondità, forza e fragilità. Dominic Sessa possiede queste virtù in misura supremamente cinematografica, senza forzature, mentre cerca una via d’uscita. Si tratta di vivere per lui e il programma passerà per due momenti contrari, uno stanziale (la permanenza nel pensionato) e uno itinerante (il viaggio a Boston). A piedi o in macchina, il film non riserva nessuna sorpresa nel suo intrigo, definito soprattutto dalla delicatezza e dalla sensibilità della sua messa in scena.