OPPENHEIMER
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È il 1926, J. Robert Oppenheimer è un giovane studente di fisica presso l’università di Cambridge ed è così ossessionato dall’ascoltare la lezione del professore ospite Niels Bohr che, per ripicca verso l’insegnante che lo fa ritardare, arriva a un piccolissimo passo dal compiere un gesto irreparabile. È il 1954, Oppenheimer si sottopone a una serie di udienze private dove cerca di difendersi dalle accuse di comunismo, per conservare il proprio accesso allo sviluppo di progetti top secret. È il 1958, Lewis Strauss affronta un pubblico dibattimento per dimostrare la propria idoneità come Segretario del commercio di Eisenhower, ma in questa circostanza viene riesaminato il suo rapporto con Oppenheimer. In mezzo c’è naturalmente la cronaca dell’ascesa del protagonista, dai dipartimenti di fisica americana alla direzione del laboratorio di Los Alamos, dove darà vita alla prima bomba atomica.
Il primo film biografico di Christopher Nolan gioca, come tipico del regista, con la struttura temporale della storia e riesce a offrire un ritratto magnetico e sfaccettato del suo geniale soggetto.
Gocce di pioggia sollevano increspature sull’acqua di una pozzanghera: si apre così Oppenheimer, su quello che diventerà un motivo figurativo ricorrente, ripreso per esempio mentre il protagonista guarda una mappa e immagina la caduta di bombe atomiche sulle città, le cui esplosioni sollevano increspature come la pioggia dell’incipit. In mezzo c’è un episodio enigmatico, un breve incontro con Einstein che appare come un affronto agli occhi dell’egocentrico Lewis Strauss. Questi è una figura poco geniale ma con manie di grandezza, che sta a Oppenheimer come Salieri stava a Mozart. Il vero significato di quella sorta di Rosabella che è la conversazione con Einstein si aprirà solo nell’epilogo, quando alla reazione a catena acquatica dell’incipit risponderà un tripudio di fuoco.