Il ritratto di Lucio Dalla, uno dei più originali cantautori italiani (noto anche al di fuori dei confini nazionali) nasce dalle testimonianze di Umberto Righi detto Tobia, che è stato il suo manager sin dall’esordio, e di Stefano Bonaga che di Dalla è stato amico già dall’infanzia. Il supporto visivo viene fornito da un’ampia quantità di materiale documentaristico oltre che da dichiarazioni dello stesso Dalla.
Qualche anno fa Riccardo Marchesini ha reso omaggio a Lucio Dalla con il film Caro Lucio ti scrivo in cui si immaginava che alcuni personaggi delle sue canzoni gli scrivessero per raccontare il prosieguo delle loro storie.
Ora Pietro Marcello lo fa ricordare da chi lo ha conosciuto da vicino anche nella dimensione privata compiendo però un’operazione ad ampio raggio.
Marcello non si limita ad assemblare dichiarazioni ed interviste ma va oltre. D’altronde non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso da un autore che sin dal suo film d’esordio (Il passaggio della linea) si è sempre distinto per l’originalità dello sguardo e dell’approccio ai temi trattati.
In questa occasione Marcello va alla ricerca, con un materiale di repertorio selezionato con grande cura, dei volti e dei gesti di un’Italia che sembra ora distante anni luce e che Dalla ha saputo ‘leggere’ nel profondo attraverso la sua musica e le parole delle sue canzoni. Parole che, non si manca di sottolinearlo, devono molto in una fase importante della sua evoluzione di artista, ai versi di Roberto Roversi, un poeta integro capace di una modernità di espressione che si radicava in un passato e in una cultura anche contadina che, a partire dagli anni ’50, in Italia aveva iniziato a scomparire.
Ecco allora che il Dalla inizialmente eclettico capace di portare anche con grande affetto la mamma sul palco dello Zecchino d’Oro davanti al Mago Zurlì, ci viene progressivamente ricordato per quello che, di canzone in canzone, di disco in disco, ha rivelato di essere: un artista dotato di una sensibilità che da sempre preferiva guardare agli ultimi, ai fuori norma, che aveva come modello non Ulisse ma i suoi marinai. Un autore che poteva affermare con serietà e sincerità che, se non fosse diventato cantante, avrebbe voluto fare l’imbianchino.