JAGO INTO THE WHITE

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JAGO INTO THE WHITE
SILENZIO, LENTEZZA ED EQUILIBRIO PER RACCONTARE LA STRAORDINARIETÀ DELL'ARTISTA JAGO
JAGO INTO THE WHITE
Regia: Luigi Pingitore
Cast:
Genere: Documentario
Durata: min. - colore
Produzione: Italia (2024)
Distribuzione: Nexo Digital
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“La verità è che sto ancora imparando”. Inizia e si conclude con questa frase di Michelangelo il film dedicato a Jago. Jacopo Cardillo (Frosinone, 1987) ha, infatti, come maestri i più grandi: Canova, Bernini e, appunto, il maestro di tutti nella lavorazione del marmo dal Rinascimento in poi, e dell’interazione coi potenti (dalle famiglie aristocratiche del nord e centro Italia, fino ai papi a Roma), Michelangelo. La storia e il lavoro di Jago sono raccontate con silenzio, lentezza ed equilibrio dal regista Luigi Pingitore. Termini che lo stesso scultore ripete durante questo racconto dove la sua azione del tagliare ed elaborare il marmo – utilizzando la storica tecnica perfezionata da Antonio Canova – all’interno della Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi a Napoli, lo studio di Jago, viene alternata a diversi luoghi della sua ricerca e delle sue mostre.

Dalla chiesa napoletana, che Jago rimette in vita dopo 40 anni di abbandono, fino al deserto arabo dello Fujairah, passando per piazza dei Plebisciti a Napoli, fino a momenti più “social” in cui lo scultore racconta in televisione o davanti a un pubblico il suo modo operativo e i concetti del fare scultura oggi.

Per Jago si inizia dal materiale. Nel suo caso dal marmo. La scelta di utilizzare la propria forza, senza assistenti, senza macchinari o laser 3D (come avviene oggi per la lavorazione della maggior parte delle sculture realizzate a Carrara e nelle altre cave per il mondo), è il valore dell’azione di Jago che vuole dimostrare come si possa tornare indietro nel tempo, rimanendo fuori dal sistema dell’arte dove l’artista non è più libero, ma è vincolato – economicamente e operativamente – ad altri attori.

Il valore della sua opera diventa una forza che agisce nella comunità che lo circonda: nel 2020, subito dopo il lockdown, Jago apre le porte del suo studio e invita i napoletani e visitarlo, a interagire con le sue opere e, addirittura, a partecipare collettivamente scrivendo frasi su un grande blocco di marmo che poi lo scultore rielaborerà. Perché, come asserisce lui stesso, ciò che conta, oltre al saper fare, è “l’esercizio dell’immaginazione”, oltre che la sottrazione di concetto e di materia. La semplificazione è, infatti, la cosa più importante.

Sia nelle parole, come dimostra Jago, che nella scultura. Questi sono concetti che ricorrono nel film: Jago racconta la sua arte e i suoi sistemi a pubblici sempre diversi. Dai giovani che, quasi per caso, attraverso i social rendono virali i contenuti di un video dello scultore in azione nel suo studio, alla comunità che lo va a trovare – composta da diverse generazioni -, fino a protagonisti del mondo dello spettacolo.