Cicogne in missione
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Una volta le cicogne consegnavano bambini, ma non era un buon business. Ora consegnano di tutto, tramite una compagnia di vendita al dettaglio ricevono ordini e consegnano pacchi contenenti, beni di consumo ordinari. Nel loro quartier generale sono organizzati come una compagnia moderna, ma l’unico ingranaggio fuori posto è una neonata mai consegnata, oggi adulta e non inserita nel sistema di produzione. Proprio lei per errore riattiverà il macchinario per la consegna dei bambini e dovrà quindi, assieme al membro più in ascesa del gruppo, consegnare l’ultimo bebè.
Non è più solo la scrittura della Pixar a riuscire ad incrociare i pubblici, a proporre cartoni per bambini che intrattengano gli adulti con un livello di lettura diverso. Ci prova con tantissimo gusto anche la Warner Animation Group che con Cicogne in Missione replica l’idea vincente di Lego – The Movie, cioè unire demenziale e intelligente, farcire una torta a strati in cui ad ogni piano si possa trovare un pubblico differente.
Non interessato ad una dimensione effettivamente sentimentale, lontano da qualsiasi idea di commozione o di coinvolgimento emotivo, Cicogne in Missione è un film tutto d’intelletto, un trattato sul potere, sulla la sua attrattiva (esilarante la maniera in cui tutti reagiscano con gli stessi pensieri all’idea di una promozione) e sugli effetti che ha sulle persone. O meglio sulle cicogne.
Le cicogne di questo film sono più umane degli uomini, non ne hanno cioè solo sentimenti e difetti come qualsiasi personaggio antropomorfo, ma sono proprio gli uomini. Con un’allegoria molto esile, questi animali votati al commercio e convertiti alla new economy della grande distribuzione, vittime dell’etica del successo e delle strategie aziendali, si presentano quasi subito come più umani degli uomini. A furia di cambiare ed evolversi hanno perso la propria missione originaria e non sanno più chi sono, almeno fino a che qualcuno non glielo riesca a ricordare. Stoller e Sweetland non sono registi di incredibile raffinatezza, eseguono con dovere ma arrancano di fronte alle possibilità di creazione di immagini dell’animazione. Il loro film quindi punta tutto sulla scrittura, dunque a rendere umanissimi questi uccelli è la maniera in cui si maltrattano, sono le debolezze reciproche su cui cercano di fare leva, i difetti che mostrano non individualmente ma collettivamente. Come specie.
Cicogne in Missione si ricorda bene come Disney abbia prosperato decenni grazie ad animali che si comportano come uomini. Ciò che nessun cartone animato potrebbe far fare a degli uomini, forse lo si può far fare a degli animali. Visti attraverso la lente deformante della metafora gli atteggiamenti riconoscibili ci appaiono così più distanti eppure estremamente chiari. Questo cartone aziendale in cui ogni essere vivente è definito in quanto parte di un branco (i lupi non fanno eccezione) o esterno ad esso, in cui anche la famiglia di umani che attende il nuovo nato è in bilico tra creare un gruppo o non riuscire a stabilire l’unione che dovrebbe, tratta i bambini come adulti, ne rispetta l’umorismo semplice e ne stimola l’intelletto con qualcosa di più sofisticato.